È triste pensare come nel 2021, ci sia ancora bisogno di una festa della donna per ricordarci che l’eguaglianza di genere non dovrebbe essere un privilegio o una conquista ma la realtà.

Certo, tra uomo e donna ci sono delle differenze ma ricordiamoci che sono solo anatomo-fisiologiche, la qualità di “essere umano” la si possiede indipendentemente dal sesso.

Oggi cari amici, in occasione di questa giornata, vogliamo regalarvi una storia che costituisce una delle tappe fondamentali dell’emancipazione femminile, scritta nel libro “Fiore di Roccia” di Ilaria Tuti.

La Grande Guerra è da noi tutti conosciuta per la sua portata mondiale e l’orrore della violenza ma soprattutto sottolinea come in un conflitto non ci siano mai vincitori e vinti. Ogni Paese alla fine dei conti ha un prezzo da pagare, un prezzo che è sempre troppo alto in termini di perdite di vite umane.

L’importanza della Prima guerra mondiale però non può essere circoscritta ai soli esiti drammatici.

Al suo interno possiamo scoprire fatti permeati di coraggio e modelli di vita da seguire che per molto tempo sono rimasti sepolti.

Poco nota è la vicenda che coinvolge le donne friulane durante questi anni.

Riconosciute come le eroine che hanno rischiato la propria vita affrontando intemperie, la paura di ammalarsi, morire di fame e di venire uccise dai colpi dei nemici austriaci per prestare assistenza e rifornimenti ai soldati italiani al fronte.

Le chiamano Trägerin: sono le Portatrici carniche, donne dalla doppia vita.

Dipinte come “angeli del focolare domestico” in qualità di madre-moglie ma allo stesso tempo delle vere combattenti che animate e motivate dal senso di responsabilità, sacrificio e abnegazione con perseveranza hanno percorso sentieri difficili e aspri consapevoli di quanto il proprio ruolo fosse essenziale per la sopravvivenza e resistenza degli uomini in divisa.

Un migliaio, di età compresa tra i quindici e sessanta anni, nel giro di poche settimane dallo scoppio della guerra si sono presentate al sorger del sole alla caserma di Paluzza rispondendo all’appello dei comandi militari a ritirare medicinali, viveri, gerle cariche di armi da portare al fronte.

Il grande impegno di solidarietà è il sentimento che ha permesso di sviluppare un atteggiamento di benevolenza e comprensione che si è trasformato in una scelta e sforzo volontario.

Una marcia quotidiana durata ventisei mesi che mise a dura prova la prontezza d’animo ripagata da una manciata di minuti di riposo in trincea e lo scambio di notizie con i soldati. I lavori domestici le aspettavano a casa.

Sono Donne orgogliose ma anche fiere del proprio coraggio.

Grazie al ruolo necessario fu loro conferita l’onorificenza rappresentata dalla Croce di Cavaliere di Vittorio Veneto.

A Maria Plozner Mentil in particolare, la medaglia d’oro al valor militare e alla sua memoria viene dedicata la caserma militare di Paluzza: l’unica caserma italiana dedicata ad una donna.

I sacrifici delle Portatrici carniche possono essere riassunti in una citazione di Rita Levi Montalcini ce lo insegna:” Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale delle società.”

 

Marta Carraro